Philip Glass, il padre del minimalismo musicale a Napoli

Posted at 10:28



Se c’è un compositore speculare dello spirito dei “tempi moderni”, quello è Philip Glass. Se esiste uno dei maestri del minimalismo americano che non mi sarei aspettata di poter vedere a Napoli, quello è sempre Glass. Dopo, almeno nella musica classica contemporanea, tutto il resto è noia, o brutte, bruttissime copie.
Precursore dei tempi, mi ha sempre affascinato come la sua figura sia stata di interludio tra la musica classica del ‘900 e l’ elettronica moderna : con Steve Reich, La Monte Young e Terry Riley prima, e Micheal Nyman poi, ha rotto le righe della composizione tradizionale cimentandosi nelle più sperimentali cellule melodiche, brevi e semplici, e su figure ritmiche immediate, inaugurando un discorso creativo chiamato “minimalismo” proprio perché fondato sulla ripetizione, spesso ossessiva, di tali moduli, e anticipando così lo stesso schema dell’ elettronica contemporanea. Solo che lui studiò il fascino e le infinite possibilità delle figure musicali ripetitive nei lontani anni sessanta, confezionandole per ogni tipo di forma scenica : tutt’ altro che minimale, la sua opera omnia è infatti costituita da centinaia di lavori tra sinfonie, concerti, opere, musiche da camera, musiche per il teatro – come le scritture e gli adattamenti della prosa di Beckett e le Metamorfosi di Kafka - e colonne sonore per Hollywood ( tra tutte Dracula, The Hours, The Truman Show, l’ Illusionista e Sogni e Delitti).

Musicista di originale sensibilità e dalla sconfinata e trasversale curiosità, si apre fin da subito alle culture esotiche, e, dopo essersi affrancato dall'evoluzione delle scuole musicali europee (la scuola seriale di Vienna, e la musica elettronica e concreta delle scuole di Darmstadt e Parigi), studia le tecniche della ripetizione dai raga indiani e collabora con Ravi Shankar, per poi approdare ad una fase postminimalista che non nasconde le influenze della musica etnica.
Un background così ampio non poteva che dare vita ad una musica definita da Scott Easterday del Kcmetropolis “ricca di intrighi psicologici e astrazione, una struttura melodica dotata di un range emotivo che va da oscillanti fughe vivaci a creazioni tortuose più cupe”.
E, solo per confermarne lo spessore, Woody Allen, David Bowie, David Byrne, Leonard Cohen, Brian Eno, Allen Ginsberg, Steve Reich, Linda Ronstadt, e Paul Simon sono alcune delle personalità per cui ha firmato le sue musiche.

Detto questo, finalmente Glass si materializza, non più giovanissimo, davanti ai miei occhi a Napoli, la notte di sabato 18 luglio nella piazza d’ armi di Castel S. Elmo per la rassegna Lo Sguardo di Ulisse, ed esegue una performance quasi di commiato, con un’ emozionante carrellata sulla sua vastissima carriera, accompagnato da due musicisti superdotati. Sebbene mi trovi ad un po’ di distanza, posso ammirare sotto il cielo di San Martino il pathos del violoncello di Wendy Sutter e i giochi di suoni di Mick Rossi, l’ incredibile polistrumentista che percuote sinteticamente ogni cosa intorno a Glass.
Marimba, celesta, batteria, tutto danza ritmicamente sui virtuosismi del pianoforte di Glass, tra cui spiccano molte delle sue composizioni più note, le Metamorphosis, Chaotic harmony e the Orchid.
Quest’ ultimo, scritto nel 1989 con Foday Musa Suso in Gambia, inizia con l’ elegante duetto del violoncello di Wendy Sutter con la celeste di Mick Rossi in un’esibizione armoniosa e vibrante all’ unisono.

Il sipario non può che calare con la intrigante Closing, suite finale da Glassworks (1982), in un epilogo lento, un solo piano ossessivo e ipnotico senza fiato, di una devozione dalla dolcezza irrimediabile.
Quello che i suoi detrattori chiamano un "ostinato chamber arpeggio style chord progression " nel “nonsense” del minimalismo, è in realtà un arpeggio incantato fatto di prismi cristallini, un arpeggio cromatico di giochi, luci e ombre, che scorre nel fluire, a volte timido, dismesso, velato, a volte incalzante, dispotico e violento. O semplicemente, per molti, questi accordi magnetici sono tutta la complessità della musica di Glass.

di sotto il resoconto video del concerto a cura di sovrappensiero


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